Il vantaggio fiscale e contributivo che l’Azienda e il Lavoratore ottengono dai buoni pasto è intimamente legato alla loro natura non monetaria e, tecnicamente parlando, alla funzione svolta di sostitutivo del servizio di mensa.
Da ciò derivano regole nell’utilizzo dei voucher, siano essi buoni pasto elettronici o cartacei, in particolare rivolte all’utilizzatore che non deve farsi trarre in inganno (specie nel formato elettronico) dall’apparente immediatezza e semplicità d’utilizzo.
Il buono pasto non va mai considerato moneta!
Senza le regole che vedremo a breve, infatti, i buoni pasto sarebbero del tutto assimilabili a moneta e, come tali, soggetti a tassazione e previdenza.
Come usare i buoni pasto: il DM n°122 del 7 giugno 2017
Oltre all’art. 51, comma 2, lett. c) del T.U.I.R. che ne determina la disciplina fiscale, i buoni pasto sono regolati essenzialmente dal Decreto ministeriale 7 giugno 2017, n. 122 che fornisce precise definizioni in materia e ne stabilisce le principali regole di utilizzo.
In particolare, questo Decreto Ministeriale definisce i soggetti coinvolti (società di emissione, esercizio convenzionato, titolare utilizzatore del servizio), individua gli esercizi presso i quali può essere utilizzato il buono pasto e regola cosa deve essere riportato obbligatoriamente su di esso (sia in formato cartaceo che elettronico).
Per la precisione, l’art. 4 elenca alcune regole di cui l’utilizzatore deve tenere conto, per cui i buoni pasto:
- sono spendibili solo ad uso alimentare, presso gli esercizi convenzionati con la società emettitrice;
- devono essere utilizzati esclusivamente dal titolare del servizio sostitutivo di mensa;
- non sono cedibili, né commercializzabili o convertibili in denaro;
- sono cumulabili fino al limite massimo di 8 buoni per ogni transazione;
- sono utilizzabili esclusivamente per l‘intero valore facciale o multipli.