Utilizzati da circa 3 milioni e mezzo di persone con un giro d’affari di 4 miliardi di euro (dati aggiornati ANSEB al 2024), i buoni pasto sono, fin dagli anni ’70, fra i benefit aziendali più noti e apprezzati dai lavoratori in Italia.
Nati come servizio sostitutivo della mensa all’interno delle aziende, si sono affermati sempre più come un vero e proprio benefit a difesa del potere d’acquisto di dipendenti e lavoratori autonomi, in grado di supportarli nell’acquisto di beni alimentari.
Scegliere in piena libertà come passare la pausa pranzo è di per sé positivo, ma se poi i buoni pasto possono essere utilizzati, oltre che in bar e ristoranti, anche per fare la spesa al supermercato, fare acquisti online o per il food delivery, la convenienza per i lavoratori è ancora maggiore.
Ma, come tutti gli strumenti per il welfare aziendale (buoni acquisto erogati sotto forma di fringe benefits o piattaforme per l’erogazione di piani welfare aziendali), i buoni pasto rappresentano soprattutto una rilevante fonte di risparmio per l’azienda così come per i dipendenti.
Vediamo nell’articolo di oggi come, utilizzando i buoni pasto, i datori di lavoro possano ridurre sensibilmente i costi sostenuti dall’azienda e, allo stesso tempo, attribuire ai propri dipendenti un risparmio fiscale e un maggior potere d’acquisto rispetto alla scelta di erogare, per esempio, un’indennità (ossia una somma di denaro) in busta paga in assenza di mensa aziendale.
Semplificando molto, il buono pasto consente a datore di lavoro e lavoratore risparmi sotto diversi profili, come possiamo leggere nell’Art. 51 comma 2 lett. c) del TUIR e nel DL 112/2008, art. 83, comma 28bis.1
Infatti:
- I buoni pasto sono totalmente deducibili fino a €8,00 al giorno se in formato elettronico, €4,00 al giorno in formato cartaceo;
- Entro gli stessi limiti, i buoni pasto non costituiscono reddito imponibile del lavoratore, godono della totale esenzione fiscale e contributiva tanto per il datore di lavoro quanto per il dipendente;
- Sono esclusi dal ricalcolo dei ratei di TFR, 13ma, 14ma, ecc.;
- L’IVA è detraibile al 100% con aliquota agevolata per le aziende al 4%.
Ricordo infine che per i liberi professionisti e le ditte individuali senza dipendenti, la deduzione dei costi sostenuti per l’acquisto dei buoni pasto è ammessa, ai fini delle imposte dirette, nella misura del 75%, e per un importo massimo nel limite del 2% del fatturato, mentre le regole concernenti l’IVA rimangono le stesse salvo l’applicazione di un’aliquota al 10% (l’IVA applicabile è quella relativa a prestazioni alberghiere e a somministrazione di alimenti e bevande).
Quanto risparmia l’azienda con i buoni pasto?
Immaginiamo di voler erogare un buono pasto elettronico del valore facciale di €8,00 (valore max deducibile) in un’azienda con 10 dipendenti per un anno.
Considerando in un anno una media di 220 giorni lavorati a dipendente (20 giorni al mese per 11 mesi, tolte le assenze, ferie, malattie, ecc.), fornire buoni pasto ai propri dipendenti costerà all’azienda €17.600,00 (ovvero €1,760,00 x10 dipendenti).
Riconoscendo lo stesso importo in busta paga come indennità o semplice aumento, il costo per l’azienda sale a €28.670,40 (vedi la tabella riepilogativa sotto!).
Utilizzando i buoni pasto elettronici, l’azienda consegue un risparmio di €11.070,40, tra tasse, oneri previdenziali, ricalcoli per ratei TFR, 13ma, 14ma, ecc., pari a quasi il 40% della spesa complessivamente sostenuta.
La simulazione si riferisce ad una situazione standard il cui risultato può oscillare, sì, ma solo marginalmente.
Quanto aumenta il potere d’acquisto dei dipendenti con i buoni pasto?
L’utilizzo di uno strumento welfare come i buoni pasto al posto di un’indennità in busta paga si traduce anche in un maggiore potere d’acquisto che l’azienda è in grado di trasferire a vantaggio dei suoi dipendenti. Infatti, l’erogazione in busta paga, a differenza dei buoni pasto, deve tener conto degli oneri previdenziali e dell’IRPEF a carico del lavoratore.
Riprendendo l’esempio di prima, anche erogando €8,00 netti sul cedolino al giorno (spendendone, peraltro, oltre €13,00), di fatto in tasca al lavoratore ne arriveranno solo circa €5,04 (anche meno nel caso di aliquote IRPEF più elevate).
In un anno, il dipendente che usufruisce dei buoni pasto elettronici avrà €651,20 in più da spendere, pari ad un aumento di potere d’acquisto del 59% rispetto ai €1.108,80 che avrebbe percepito direttamente in busta paga.
In conclusione, utilizzando i buoni pasto come benefit, l’azienda potrà unire il guadagno derivante dalla riduzione dei costi sostenuti alle maggiori possibilità di spesa messe a disposizione dei suoi dipendenti, con effetti positivi sul clima aziendale e il benessere dei lavoratori.
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